UNA PIZZA IN COMPAGNIA

18-11-2019

È un progetto di socializzazione che si propone di promuovere la relazione sociale ed il benessere psicologico, favorire la socialità oltre le mura della struttura per combattere l’istituzionalizzazione e lo stereotipo sociale che spesso avvolge le persona anziane fragili.
E’ pensiero comune che una persona ad una certa età, soprattutto se affetta da patologie che compromettono lo spettro cognitivo, non possa avere una vita soddisfacente.
Vivere un momento piacevole che scalda l’anima permette di estendere questo benessere anche a fasi successive, che forse potranno non essere ricordate nella memoria tout-court ma sicuramente lasciano una traccia emotiva, questa memoria “emozionale” fornisce il terreno di lavoro per gli operatori di Villa Ersilia.
A questa uscita hanno partecipato anche i familiari delle persone che risiedono nella RSA Villa Ersilia (per un totale di 42 perone inclusi 6 operatori) in tal modo si è voluto mantenere un senso di continuità tra la persona che si è stata in passato e quella del tempo presente sostenendone l’autostima e l’autodeterminazione dell’individuo attraverso la possibilità di scelta del menù oltre l’ordinaria quotidianità. Tale obiettivo si è raggiunto proponendo come attività pomeridiana il giorno precedente l’uscita “La tua pizza preferita” così da poter avere una lista di pizze che avrebbero assaggiato tutti…ovviamente c’è stato chi ha chiesto gli spaghetti al pomodori, chi i tortelli e chi i passatelli…ovviamente accontentati.
L’istituzionalizzazione della persone all’interno delle RSA comporta un cambiamento radicale non solo per l’anziano ma anche per l’intero nucleo famigliare che può vivere come un senso di colpa il necessario ricovero a lungo termine. Questa sensazione deve essere accolta e gestita attraverso l’alleanza terapeutica che è principio fondamentale per poter promuovere il benessere innanzitutto della persona che risiede in RSA, anche attraverso la creazione di momenti di convivialità con la famiglia: condividere il cibo è universalmente riconosciuto come uno dei modi fondamentali con cui si possono stabilire e mantenere rapporti interpersonali. Portatrice di una cultura conviviale è senz’altro la civiltà contadina di un recentissimo passato, alla cui tavola venivano prese le decisioni lavorative, si educavano le giovani generazioni, si discuteva di politica. La convivialità rappresentava dunque uno strumento comunicativo potentissimo.
Le preferenze alimentari sono strettamente connesse con meccanismi di auto-identificazione sociale; ogni nuovo alimento viene incorporato nel sistema socio-culturale vigente attraverso un processo di autenticazione ed accettazione condivisa, che lo rende autoctono e genuino. Il cibo è allora un elemento culturale che serve a sostenere l’identità dell’individuo, nonché il bisogno fondamentale di sentirsi parte di un gruppo, di essere riconosciuti autenticamente ed accettati in ogni momento per come sì è, con i propri limiti e problemi.
“Last but not least” (per ultimo ma non ultimo): ridere, creando un atmosfera di divertimento condiviso e benefico per tutti è un utile modo per diminuire la distanza tra chi si prende cura e chi la riceve. E’ interessante sapere che la capacità di apprendere nuove tracce emotive è conservata anche nelle demenze, questo significa che anche queste persone riescono ad associare emozioni positive (o negative) a certi stimoli, quali ad esempio un volto.